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Charity Chic in Bari

  • Testo: Valeria Nitti Foto: Emanuela Esposito
  • 12 mar 2015
  • Tempo di lettura: 5 min

In questa città che si ri-sveglia e ri-crea attorno alla necessità di un ri-ciclo di menti, forze e coesioni, oltre ad un ri-pub, troviamo un altro centro nevralgico di questa filosofia, è lo Charity Chic, prima alla porta accanto all’Ekoinè, adesso in Via Saverio Lioce 41.

Un luogo in cui trovano una nuova casa abiti già carichi di una storia personale, involucri che avvolgono le personalità e ne portano con se la carica narratrice, per essere ri-adattati alle esperienze di chi li acquista. Pamela e Stefania hanno portato a Bari un sogno, un’ispirazione, l’incarnazione di quelle che erano le loro vocazioni concretizzate in una visione, a Londra, dove gli charity shop sono ormai una realtà consolidata.

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“Il bello dovrebbe essere accessibile a tutti, in particolare nella moda, indipendentemente dal valore economico, un abito può nascere bello ma acquista valore nel tempo, caricandosi del passato di chi l’ha indossato. Recuperare un abito usato significa fare un regalo a chi lo sta cercando, e quì lo trova.”


Con queste parole Pamela mi riassume il concetto di questa innovativa concezione di negozio in cui nuovo e vecchio si sposano, contaminandosi ad accessori e creazioni che parlano, raccontano.

Varcando questa soglia si entra in una casa-deposito-mostra, con un bancone in pallet ri-dipinti di lilla, un divano sul quale mi fanno accomodare, tende a separare gli ambienti fatte di garrube, specchiere, ceste, vecchi comò e tanti espositori ri-colmi di vestiti che non basta guardare una volta sola.

La meraviglia sta nel fatto che ci troviamo in un’associazione no-profit, il ricavato quindi è devoluto ad enti di beneficenza, ecco perchè è ancora più meraviglioso scoprire come tante persone “donino” i pezzi della loro storia con tanta serenità d’animo.

“Ci capitano capi meravigliosi, che ci vengono donati, affidati con amore dalle mani di chi li ha adorati, a volte chiediamo alle persone se sono davvero sicuri di volersene disfare e nei loro occhi si scorge l’affetto e la voglia di fare del bene.”

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Pamela mi mostra la collezione di cappotti donati da un convento di suore, ne indossa uno con un cinturone, si fa letteralmente un giro e aggiunge:


“Trovo entusiasmante pensare a dove siano stati prima e a chi li abbia indossati.”


Lì accanto, uno stand con tantissimi pantaloni in lino color iuta, una donazione di un noto negozio per bambini di Bari, sono pezzi di abiti maschili da prima comunione.

Non c’è bisogno di chiedere a Pamela e Stefania come è nato tutto questo, si respira nell’aria la loro alchimia e la loro gioia di lavorare insieme, si vede dai loro sorrisi complici, dalle indicazioni che si scambiano e da come parlano del weekend alla spa che stanno per godersi. Sono amiche, colleghe, sorelle che condividono quella casa, perchè di questo si tratta, e Pamela racconta:


“Prima eravamo in Via De Ferraris, accanto all’Ekoinè, abbiamo organizzato anche diversi eventi insieme come gli swap party e le serate a 50 centesimi, poi abbiamo avuto la necessità di uno spazio più grande, e puoi chiedere a Stefania, io avevo deciso di trovare una casa non un negozio, insistevo sulla necessità di coniugare questo spazio con quello domestico e dopo diverse ricerche un giorno vediamo il cartello di questo locale, proprio sotto le nostre case, era lì ad aspettarci e nenache ci sembrava vero.”


Questo spazio è il prolungamento dei loro appartamenti, la mansarda in cui rifugiarsi a coltivare i propri hobby, dietro una tenda fatta di camice da uomo colorate c’è il laboratorio, il grande calderone da cui vengono sfornate le idee incarnate in oggetti, bellissimi, originali e pronti ad accompagnare gli indumenti più “anziani” nelle loro nuove avventure accanto a chi li desidera.

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Mi immedesimo in loro, immagino l’emozione di vedere entrare qualcuno con un bustone pieno di non-novità e la meraviglia di scartare quel pacco, come a Natale, con l’aggiunta dell’entusiasmo della creatività che inizia a scalciare nelle teste delle due giovani donne. Mi chiedo come facciano a resistere alla tentazione di non portare qualcuno di quei “gioielli” a casa:


“Ce lo siamo imposte dall’inizio, ciò che entra nello Charity rimane nello Charity, non abbiamo nessun diritto su ciò che entra quì dentro, piuttosto l’obbligo di trovare per loro la collocazione migliore. Quello che entra quì ha già un’affidatario da qualche parte, il nostro compito è quello di farci conoscere da più persone possibili per far in modo che quell’ affidatario sappia dove trovare quello che è destinato a lui.”


Ma Charity Chic non è solo un negozio, il concetto di ri-ciclo è la quent’essenza di tutto ciò che avviene all’interno di quelle e mura e si riperquote all’esterno dove Pamela e Stefania portano un messaggio, partecipando e proponendo iniziative. Poggiato su una sedia c’è un pannello in sughero su cui sono impuntati dei fogli dove, rigorosamente a mano, è scritto: “La settimana di Casa Charity. Cuori fioriti”.

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Ogni settimana infatti organizzano un laboratorio diverso indirizzato a tutti, questo in particolare ai bambini, lo scopo è quello di far comprendere l’importanza del materiale, un nuovo new-dadaismo in cui l’oggetto decontestualizzato diventa materia plasmabile.

Questa settimana si suggerisce una forma, il cuore appunto, ma il laboratorio è uno spunto per la vita.


“Portiamo questi progetti anche negli ospedali, cerchiamo di inventarci qualcosa che possano fare anche bambini con problematiche, il cucito non è semplice per chi ha delle disabiltà ma facciamo in modo che il loro apporto creativo sia necessario, che dia vita a qualcosa che posso conservare e che gli possa narrare chi sono e cosa sono in grado di realizzare.”


Lo scopo di queste attività e di tutte le altre a cui Charity Chic partecipa, come le sfilate vintage, è anche e sopratutto quello di far conoscere questa realtà a più persone possibili. Chiunque entri o si avvicini a questo luogo può diventare parte di una coperta in patchwork, dove ogni toppa viene amorevolmente cucita ad un altra per formare un enorme tela che tenga al riparo dal freddo e riempia di calore gli animi di chi l’ammira e la conserva amorevolmente.

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Ascoltare queste due giovani donne piene di entusiasmo è un piacere, non riesco a fare nessuna domanda, tutto viene fuori spontaneamente dagli aneddoti legati a qualsiasi oggetto ci circondi in questo spazio magico, pieno di energie condivisibili.

Provo un vestito che mi colpisce per i colori, mi va grande e Stefania arriva subito con una bellissima cinta, ci sta benissimo, mi muovo in quello spazio come fosse la mia camera mentre mi preparo per uscire, o provo qualcosa che ancora non ho indossato ma è sempre stato mio, come se tutti quei pezzi fossero nei cartoni della cantina di casa, abiti della propria madre magari, che si riscoprono in un periodo in cui la crisi diminuisce drasticamente il nostro potere d’acquisto. La soluzione per chi sente l’esigenza di cambiare e indossare qualcosa di nuovo per sè ma non per il tempo. Coniugando questa necessità al piacere di fare del bene, il risultato è uscire da quella porta con un enorme sorriso, un appagamento interiore, unito alla gioia di avere qualcosa di unico all’ interno di quella busta con su scritto Charity Chic.

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