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Terrabianca

  • Testo: Valeria Nitti Foto: Emanuela Esposito
  • 27 feb 2014
  • Tempo di lettura: 6 min


Camminiamo alla scoperta di Bari, città reticolo, come la trama di una tela intessuta di strade e piccole vie che si incrociano dando vita a quartieri caratterizzati da una precisa identità architettonica. Cerchiamo realtà che vanno ben oltre il noto centro Murattiano e spostandoci aldilà della ormai inesistente cinta muraria, meglio conosciuta come Extramurale Capruzzi, ci troviamo per le vie del quartiere Picone. Sorto negli anni ‘50 prende il nome dall’omonima lama definita da Chiaffarata* “il vero fiume di Bari”.

Passeggiando in queste vie, ai limiti del quartiere, al confine con il più residenziale Poggiofranco, possiamo scorgere diversi localini nei quali sbirciare attraverso le vetrine, più simili a grandi porte di case che ad ingressi di attività commerciali. Dietro una di queste, tra un parrucchiere, un tabaccaio ed una saracinesca chiusa compare, in Via Poli 59, una piccola bottega d’altri tempi.

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Ad un primo sguardo non si nota particolarmente quell’insegna “Terrabianca”, ma quando gli occhi vi si posano ne riconoscono la semplicità e la delicatezza. All’interno un grande tavolo che troneggia in tutta la stanza, strumenti da lavoro, panetti di argilla, vasetti di colore e lungo le pareti laterali tanti, deliziosi soggetti in ceramica.

Entrare è quasi un obbligo e ad accoglierci ci sono tre “piccole donne” dagli occhi vispi e colorati. L’odore delle tempere e dell’argilla rimanda all’infanzia, ai “lavoretti”, la musica nell’aria riporta agli anni ‘60 quando il rock era sofisticato e si poteva ascoltare anche a basso volume.

Ci presentiamo, ci accolgono con grandi sorrisi, ci offrono il caffè e inziamo a conoscerle.

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Betta, che ha frequentato l’istituto d’arte e lavorato come arredatrice presso alcuni studi di architettura, comincia subito a raccontarci di come, vent’anni fà, frequentando un corso per donne imprenditrici, ha conosciuto Mariapia, laureata in lettere con indirizzo storico artistico. Gli studi, le esperienze e le passioni che le accomunano le portano a fondare un’associazione per promuovere i monumenti di Puglia e Basilicata. Insieme riscoprono la loro manualità tramite un’amica che le ha iniziate al plasmare l’argilla, prendendo così coscienza delle loro capacità e soprattutto della loro strabordante fantasia.

Nel corso degli anni Terrabianca prende identità nella vita del quartiere in cui abita anche Paola, una giovane donna con molto tempo libero, dal momento in cui ha perso il lavoro presso un’agenzia immobiliare. Diplomata al liceo classico, Paola è ignara delle sue capacità artistiche che scopre frequentando un corso tenuto da Betta e Mariapia. Le due si accorgono subito della sua ottima manualità e, tre anni fa, le propongono di entrare nella squadra. Il loro non è solo un incontro di capacità ma di menti e personalità assolutamente complementari.

Siamo sedute attorno al grande tavolo, centro focale e cuore di Terrabianca, attorno a questo si raccolgono idee, si accolgono persone, si creano oggetti dal fascino fiabesco, che rispecchiano il loro aspetto e le loro identità. Chiedo subito perchè abbiano scelto quel nome per la loro associazione e a rispondermi è Betta:


Terrabianca è un rimando alla nostra terra e in particolare alla Valle d’Itria di cui siamo innamorate, fa pensare ad Ostuni, la città bianca, a tutto il sud della Puglia”.


In effetti eccoli, li riconosco: i trulli di Alberobello, il romanico della Basilica di San Nicola e della cattedrale di Trani e le cummerse** di Locorotondo che mi fa notare Mariapia aggiungendo:


“Io sono lucana ma amo la Puglia, resta il fatto che ho scoperto dell’esistenza di queste abitazioni colorandole dopo che Betta le aveva realizzate, non ti dico che emozione poi, quando passeggiando per Locorotondo, le ho viste dal vivo, è stata una scoperta al contrario e sicuramente, rispetto ad un qualsiasi altro visitatore, ho avuto una gioia in più, un’ emozione più forte”.


Interviene Paola facendomi vedere la foto di una realizzazione venduta, che non è più in bottega ma che custodiscono, come si costudiscono i ricordi, stampata su di un foglio di carta, perchè ne sono orgogliose e vogliono conservarla in quella stanza-casa che è memoria collettiva delle loro esperienze.


“Guarda, sono le case di Polignano addossate sulla scogliera, adoro i nostri centri storici, sono una fonte di continua ispirazione per me, ma soprattutto per Betta e Mariapia, io amo anche tanto la natura.”

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Alberi, farfalle e astri sono il tocco personale di Paola, che proprio in questo momento sta lavorando ad una nuova idea, dei gufetti.

Osservandola mi chiedo in che modo nasca una loro creazione, sono curiosa perchè sono realizzazioni talmente armoniche da far pensare che siano frutto di una mano sola e invece Betta mi spiega subito come danno vita a tanta delicatezza:


“A volte un cliente ci fa delle richieste specifiche e noi le realizziamo, altre volte abbiamo qualcosa in testa, ci sediamo, ascoltiamo la musica, chiacchieriamo unendo le nostre menti ed elaborando qualcosa di nuovo. La cosa bella è che tutte e tre riusciamo, chi con una parola, chi con un colore, a creare insieme. Siamo complementari, ci miglioriamo e miglioriamo anche l’oggetto.”


Paola aggiunge:


“Ad esempio vedi quelle case fiabesche? le ha disegnate Betta, è tornata da Lecce, si è seduta, ha preso l’argilla e si è messa a creare, poi sono passate per le mani di Mariapia che ha immaginato un colore e le ha dipinte, lei è la maga del colore, è capace di riprodurre qualsiasi tonalità, appena vede un colore sa già come può riprodurlo .”


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Quindi quello che vedo è un mosaico generato da sei mani, milioni di piccole tessere di colori diversi che insieme si adeguano alle sfumature di una sensibilità artistica e di una grande affinità intellettuale. Vengo a scoprire che sono tutte e tre vegetariane e attente al biologico già da prima di conoscersi e aggiungono:


“Per forza, il nostro territorio fornisce delle risorse meravigliose, non è difficile quì concretizzare questo concetto alimentare e di vita, noi ad esempio ci riforniamo dal nostro contadino di riferimento (che simpaticamente chiamano spacciatore), è di Bitritto ma gli ordiniamo la spesa telefonicamente e lui porta tutto quì, abbiamo creato una vera e propria rete d’acquisto.”


Limitano l’utilizzo della macchina, Betta e Paola camminano molto, Mariapia va ovunque in bici, anche con la pioggia. Tutto questo si vede, sono belle e fresche come le loro creazioni che si discostano dal classico concetto di ceramica decorata, sono quadri trasformati in oggetti di uso comune o funzionali ad uno scopo. I soggetti sono quasi sempre dei magneti da poter comporre a piacimento su supporti di ferro dipinto o da applicare ovunque si voglia nella propria casa.

Ed è proprio la casa l’anima del loro lavoro, sembra solo gusto personale ma a mio parere c’è un senso più profondo, provo a tirarlo fuori e loro si entusiasmano al solo sentire la parola “casa”:


“E' così bello passeggiare nei centri storici delle città e sbirciare dalle finestre, come a Bari vecchia quando trovi la porta aperta e vedi quelle stanze in cui è concentrata la vita di un’intera famiglia raccolta attorno alla tv, posata su un’immancabile centrino.”

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La più coinvolta in questa considerazione è Mariapia che, con occhi nostalgici, ammette di provare un pizzico di invidia per queste folte famiglie che sempre più difficilmente rispecchiano la realtà di disgregazione di quelle moderne. La modernità però porta anche alla formazione di nuove famiglie, diverse, libere dai legami di sangue ma unite dalla gioia di creare e condividere, famiglie fatte di persone che devono incontrarsi, forse per caso o forse perchè destinate a farlo, con lo scopo di generare deliziosi frutti che, come nel caso di Terrabianca, ognuno può cogliere e portarsi a casa, sia materialmente che interiormente.


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Quindi personalmente ringrazio queste tre deliziose fatine per l’ottimo caffè, per le meravigliose scoperte, per averci ospitato nella loro dimensione domestica e averci fatto trascorrere una mattinata decisamente intima e gradevole.

Non si può uscire da quella porta bianca senza aver voglia di ritornare, come si torna dalla simpatica dirimpettaia che non ti accoglie nel salotto ma attorno al tavolo della cucina dove, chiacchierando, pulisce i fagiolini, rammenda i calzini, lavora a maglia o lavora l’argilla. Perchè solo sentendoci a casa possiamo dar sfogo a tutto il naturale e personale estro creativo che fa generare i frutti migliori, qualsiasi forma essi abbiano.


*Sergio Chiaffarata, storico. speleologo e guida turistica autorizzata. Laureato in didattica della storia. Esperto del paesaggio storico: rurale ed urbano, e degli insediamenti rupestri e dei complessi ipogei. Ideatore di laboratori didattici destinati alle scuole di ogni grado e ad enti pubblici e privati.

**Case tipiche con tetto spiovente e costruite con pietre a secco.

 
 
 

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