Storia di un'artigiana
- di Stefania Magnisi
- 26 feb 2014
- Tempo di lettura: 10 min
<< Oh, io sono un mezzo fallito, il poco che so lo devo al mio professore Albert Sorel. “ Cosa vuol diventare?” Mi domandò. “ Diplomatico”. “Ha una grossa fortuna?” “No”. “Può, con qualche apparenza di legittimità, aggiungere al suo cognome un nome celebre?” “No”. “E allora rinunci alla diplomazia”. “Ma cosa posso fare?” “Il curioso”. “Non è un mestiere”. “Non è ancora un mestiere. Viaggi, scriva, traduca, impari a vivere dovunque, e cominci subito. L’avvenire è dei curiosi di professione” >>.
(Jules e Jim, François Truffaut)
Alessandra e Sara oggi ci parleranno della loro passione per l’artigianato, dei loro progetti, delle loro aspirazioni ed ispirazioni, della loro vita. Sullo sfondo, una dolcissima Thème des vacances di George Delerue.

Stefania Magnisi: Parliamo un po’ dei vostri inizi come artigiane; chi siete nella vita?
Sara Cantarone (Chari): Chi sono nella vita? Facile, un arcobaleno! Ahahaah…
- La risata fragorosa, gli occhi semi socchiusi di chi sa di aver eluso la domanda pur dando la vera risposta. Due piccole rughe di espressione ai bordi delle labbra di chi ama ridere nelle vita ma non sa se sia sempre giusto farlo -
Alessandra Cioce (Axoloty) : Wow! Chi sono nella vita è una domanda davvero impegnativa alla quale così, su due piedi, non credo di poter rispondere, almeno non in maniera tanto concisa come richiede la sede in cui siamo.
- Trasuda sicurezza nella risposta ma dal suo tono è percepibile il più acuto nervosismo di chi non ama definire ciò che o che potrebbe diventare. La mano sinistra regge una ciocca di capelli, la destra arriccia l’ultimo ciuffo in basso, la postura è morbida ma sempre molto composta, le gambe accavallate, leggermente inclinate sul fianco, di chi ascolta e non ama mostrare troppo ma neanche restare in disparte -
Stefania: Cosa vi ha spinto verso l’artigianato?
Sara: Quando frequentavo il liceo dipingevo su tela con acrilici, adesso cerco di confezionare abiti! Un natale di 5 anni fa, invece di acquistare i soliti impersonali regali di natale, mi misi con pazienza a realizzare orecchini, collane, bracciali con plastica, cartone, stoffa e realizzai così tanta roba che decisi di venderla; così cominciai a fare mercatini in giro per la Puglia. Ricordo che i miei genitori mi vedevano così felice quando era chiusa nella mia stanza a creare, che decisero di regalarmi una macchina da cucire. Imparai da sola ad utilizzarla, semplicemente leggendo le istruzioni e facendo tante prove. Non dovendo più cucire a mano, comincia a realizzare accessori più grandi e complicati , come le borse e adesso frequento un corso di sartoria dove sto imparando a confezionare, gonne, pantaloni, abiti e giacche.
- Il dialogo è svelto e spigliato, come tratto da una delle più celebri pellicole di Woody Allen. La mimica nervosa e sempre molto frenetica, gli occhi azzurrissimi, immensi e spalancati, di chi è intimorito da un futuro incerto, ma lo attende come se fosse l’inevitabile finale una moderna favola urbana. Un martoriato pollice della mano sinistra a dimostrarlo, un tono acuto ma caldo per raccontarlo -
Alessandra: Più che di artigianato io parlerei di “lavoro con le mani”, l’attrattiva è sicuramente nell’impossibilità del fraintendimento che una forma di espressione manuale garantisce rispetto ad una forma di espressione verbale. È rassicurante, rilassante oltre che, come tutte le passioni, un ottimo luogo, non-luogo in cui nascondersi.
- Conforto. Il suo personalissimo Locus amoenus la rassicura e le concede quella necessaria dose di conforto nella quale silenziosamente si rifugia -

Stefania: Da dove proviene l’interesse per i materiali di riciclo?
Sara: Da quando ero piccola mi sono sempre divertita a pastrocchiare con colla e colori, un po’ come tutti i bimbi, per me però quest’attitudine a mischiare i colori ed accostare i materiali continua tutt’oggi pur essendo alla soglia dei trenta!
- Ancora quel sorriso. Uno stupendo riflesso, manifesto ogni qual volta risuoni la parola: colore -
Alessandra: I materiali di riciclo, inutile negarlo, sono ultimamente di gran tendenza come l’ecologia e come la sostenibilità; ciò che però mi ha avvicinato a questi materiali è sicuramente prima di ogni altra cosa la pigrizia. L’idea di poter dare sfogo alla propria creatività con ciò che si trova in tutte le case (basti pensare ai volantini dei supermercati o ai quotidiani fino ad arrivare ai sacchetti della spesa) consente di soddisfare le istanze creative in maniera immediata senza dover correre in giro a reperire materiali. Non funziona purtroppo sempre così, in alcuni casi, alcuni materiali intrigano ma in casa non ci sono o non in quantità sufficiente ed è necessario scatenare un divertente (non troppo forse per gli altri) “tam tam”. Questo però sensibilizza chi è chiamato a collaborare, che incuriosito dalle richieste, è poi felice di partecipare seppur in piccola parte a smaltire differentemente i propri rifiuti.
Stefania: - Potreste definire il vostro percorso creativo come un viaggio?
Sara: Sicuramente il mio percorso creativo è stato un lungo viaggio interiore; la manualità è una dote che premette di scoprire tante sfumature della propria personalità. Se dovessi passare in rassegna le mie creazioni, dalla prima alla più recente, noterei senza difficoltà l’evoluzione del mio carattere, oltre che un miglioramento in ambito tecnico.
- Sara fa tutte le cose affondo una per una, è una forza della natura che si esprime in cataclismi. Vive tutte le circostanze in mezzo alla sua logica, alla sua armonia, guidata solo dalla sicurezza della sua innocenza -
Alessandra: La realizzazione di un prodotto con un oggetto che dapprima assolve una funzione e che finisce, poi, per assolverne un’altra è sicuramente qualcosa di molto vicino ad un viaggio, se non altro per l’impossibilità di sapere dove si arriverà o attraverso quale percorso.
- Fogli di giornale arrotolati a cannuccia, inserita una canna nell’altra come a formare un unico elemento, poi l’intreccio. Il viaggio di Axoloty -

Stefania: Sapreste darmi una definizione del vostro concetto di viaggio?
Sara: Dunque, se dovessi dare una definizione di viaggio, direi che sicuramente il viaggio è un miglioramento, una crescita, un arricchimento. Viaggiando apriamo la mente a nuove esperienze, nuove culture e a nuovi incontri. I nostri occhi si riempiono di bellezza ma anche di orrore talvolta. Viviamo talmente tante emozioni contrastanti durante un viaggio che il cambiamento in noi si genera in automatico e non possiamo che accoglierlo con entusiasmo.
Alessandra: Non credo di avere una “definizione di concetto di viaggio” esiste un modo in cui preferisco viaggiare che è: “zaino in spalla”, a stretto contatto con le abitudini e i ritmi locali, senza un programma troppo definito, lasciandomi guidare da ciò che imparo lungo la strada provando ad essere altro e forse, finendo per diventare altro una volta tornata a casa. Amo i viaggi lunghi, sempre più rari purtroppo, che permettono di godere, oltre che dei musei e delle canoniche attrazioni culturali del luogo, anche e soprattutto della quotidianità. Per scoprire che effetto fa sulla propria pelle lo stesso sole ad un’altra latitudine mentre semplicemente si legge un libro su una panchina circondati però da diversi suoni e da diversi odori. Ovviamente credo che esistano mille tipi di viaggio che ciascuno di noi può immaginare: il viaggio di andata può diventare un viaggio a sé rispetto al viaggio di ritorno, e alle volte si può scoprire che già l’andata è diventata un ritorno.
Stefania: - Considerereste il viaggiare un’arte?
Sara: Tanti scrittori, poeti, pittori, fotografi hanno creato meravigliose opere d’arte dopo un viaggio; penso dunque che se la realizzazione di materia artistica, spesso e volentieri, è ispirata dal viaggio, il viaggiare non può che essere una forma d’arte!
Alessandra: No, credo che viaggiare sia un’esigenza che i più curiosi forse sentono in maniera più spiccata di altri. Ma ciascuno viaggia come crede, come ritiene più giusto, sempre per soddisfare il proprio personalissimo bisogno. Non immagino una distinzione tra gli artisti del viaggio e gli altri viaggiatori. Riesco forse a scorgere i turisti e i viaggiatori, ma nell’ottica di quanto detto prima che ciascuno scopra il mondo nel modo che ritiene più giusto. L’importante è imparare.

Stefania: Credete che le conoscenze acquisite durante i vostri viaggi possano in qualche maniera influenzare la vostra arte?
Sara: Mi è capitato innumerevoli volte di essere stata ispirata da oggetti visti in paesi che stavo visitando, come quella volta che, passeggiando per le vie di Berlino, vidi dei ragazzi che realizzavano borse, astucci, marsupi utilizzando le resistenti ruote delle automobili o addirittura quelle dei camion. Una volta tornata a casa raccolsi, nel tempo, un certo numero di camere d’aria di biciclette, cucendole una a fianco all’altra diedi vita ad una borsa!
- Il tono si è fatto nostalgico, come ad evocare il ricordo di un sogno meraviglioso ma passato. Ascoltare le sue parole significa scorgere le strade di Berlino; gli artisti, i colori, i rumori, i passanti, la vita. E sullo sfondo, il grigio di un muro ormai abbattuto ma ancora alto e forte nella rigida compiutezza di un prepotente modernismo -
Alessandra: Continuo a pensare che chiamare ciò che faccio arte sia davvero un po’ eccessivo, sono più che altro esperimenti. Non è mai accaduto che un luogo visitato o un percorso portato a termine influenzasse direttamente la realizzazione di qualcosa in particolare, ma si può dire che i viaggi abbiano influenzato me personalmente e quindi inevitabilmente anche ciò che ho prodotto.
- “Non mi sottovalutare … ” – vorrei dire - “guarda che io so riconoscere quando una donna fa la dura per non mostrarsi fragile, quando è una che piange spesso, ma che si farebbe ammazzare pur di non piangere in pubblico. Una che si veste come un sergente, ma è fatica sprecata, perché è così bella. Una che si tocca sempre l’ultima ciocca di capelli in basso, sulla sinistra, ogni volta che è in difficoltà … “ - vorrei chiedere – “Hai paura?” – e lei mi direbbe – “Hai finito?” – ed io le risponderei – “No, non ancora”. -
Stefania: Che tipi di viaggi avete svolto nel corso della vostra vita?
Alessandra: Ho viaggiato prevalentemente in Europa, zaino in spalla in treno o pullman. Credo che per viaggiare bene serva tempo, per sentire come una città o un luogo possono starci addosso. Credo che tutto sia esperienza di vita non è la destinazione a fare la differenza ma quanto in quel momento si è disposti a ricevere.

Quale fra questi definireste come delle esperienza di vita?
Alessandra: Nell’ultimo viaggio, in Tunisia, credo di aver ricevuto molto da una terra e da un popolo inaspettatamente molto accogliente ed ospitale. E’ stato bello testare come la percezione dello stesso ambiente potesse cambiare spogliandosi dei pregiudizi.
- Assenza di relazionismo di Sara forse, un ricordo di cui non è pronta a parlare -
Stefania: Come definireste il concetto di casa e/o di appartenenza?
Sara: Ho sempre un rapporto d’amore/odio con la mia terra d’origine, sento di farne parte, sento che lei appartiene a me ed io a lei ma ho spesso la necessità di scappar via. Partire è come prendere una boccata d’aria, fare un lungo respiro prima di tornare in apnea.
Alessandra: - “There's no place like home”. Come si sarà compreso non amo le definizioni, limitano le sensazioni. Mi è capitato di provare nostalgia appena arrivata in un luogo in cui non ero mai stata e che è diventata la mia casa per i mesi successivi. È una sensazione strana da descrivere ma appena arrivata a Granada il suo profumo, la luce i rumori erano nuovi ma familiari. È stato come tornare a casa pur non essendoci mai stata prima; quel senso di inaspettata appartenenza ad una terra con la quale non avevo nessun legame e che stranamente e immediatamente ho sentito “casa” mi ha regalato la chiave per una parte di me che non conoscevo.
Stefania: Provate nostalgia per la vostra casa quando siete in viaggio?
Sara: Ogni qualvolta sono in un posto lontano da casa penso sempre: ma io qui ci vivrei mai? La risposta alla fine è sempre no.
Alessandra: È l’unica nostalgia di casa che ho mai provato, una nostalgia anticipata ma bellissima che oramai ricerco nelle esperienze del quotidiano e che utilizzo per comprendere se ciò cui mi imbatto è giusto o sbagliato per me.

Stefania: Le vostre origini influiscono o hanno influito sulla vostra creatività?
Sara: Penso spesso che se fossi nata in una città continuamente pervasa da influssi creativi probabilmente non avrei mai intrapreso il mio personale percorso, che invece è scaturito proprio dalla voglia di colore e novità che a me qui mancavano e mancandomi, me li sono creati.
Alessandra: Tutto quello che è stato di me finisce in ciò che viene fuori da me. Credo sia tanto automatico quanto inconscio. E credo anche questa sia una delle risposte più banali mai date ad una domanda del genere.
- Un impercettibile sorriso solca un volto segnato da un’ingombrante compostezza -
Stefania: Ritenete che nascere in una terra diversa, fatta di tradizioni e memorie differenti avrebbe inciso sul vostro concetto di arte?
Alessandra: La Puglia è tanto simile quanto diversa. Un tarantino non si sentirà mai troppo vicino ad un barese, per non parlare dell’antichissima faida tra baresi e leccesi; e allo stesso modo gli abitanti di paesi confinanti saranno fermi nel voler sottolineare le differenze e le peculiarità della propria storia e delle proprie tradizioni. Allo stesso tempo esiste un filo che unisce tutti e che ci avvicina soprattutto quando siamo fuori dalla Puglia, per cui si ha bisogno di cercare una somiglianza rispetto ad una più grande differenza. Amo la terra da cui provengo ma sono anche consapevole di essere figlia di una generazione in cui il senso di appartenenza ad un territorio è molto più sfumato perché siamo sempre più cittadini del mondo. Se così è, l’arte ( che riporto su chi davvero di arte si occupa e non è certo il mio caso) passa sicuramente attraverso questa lente e non può di certo essere considerata come legata al solo territorio.

Stefania: Quali credete siano i vostri lavori più significativi, quali, secondo voi, esprimono maggiormente la vostra personalità, il vostro vissuto ed il vostro mondo immaginato?
Sara: Non riesco ad individuare dei lavori in particolare che possano esprimere me ed il mio vissuto, perché tutti dal primo all’ultimo tessono la fitta trama di un colorato percorso che mi ha portata ad essere come sono ora, spontanea ed estremamente suscettibile alle emozioni. Fatto sta che estrema soddisfazione mi hanno portato la realizzazione della mia prima borsa e della mia prima gonna!
Stefania: Un’ultima domanda, credete che leggere un paesaggio sia come leggere un racconto? O meglio, ritenete che lo scrutare un paesaggio, cogliendone profumi, suoni e colori, possa dare origine ad un racconto?
Sara: Ogniqualvolta torno da un viaggio non vedo l’ora di raccontare tutto ciò che ho visto. Mi soffermo su tantissimi dettagli, i colori e i profumi soprattutto; tutto ciò che vedo lo descrivo con passione e sentimento e quindi penso che se dovessi mettere su carta tutto questo si trasformerebbe sicuramente in un bel racconto.
Alessandra: I luoghi si raccontano. Alle volte decidiamo di riceverli perché si crea un feeling come tra le persone, altre volte questa intesa manca. Inevitabilmente il racconto passa attraverso noi, da noi o verso di noi.
Che resta da dire! Grazie davvero ragazze per aver condiviso con noi i vostri ricordi, la vostra esperienza con l’arte e per averci fatto entrare nel vostro mondo.
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